Innumerevoli sono i commenti che si sono accavallati dopo la pubblicazione del rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economica del genocidio” rilasciato dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati dal 1967, la giurista Francesca Albanese che dal 2022 svolge questo incarico. Purtroppo nell’attuale polarizzazione sociale e comunicativa, su questo documento, o meglio sulla sua firmataria, ci sono stati grandi apprezzamenti e critiche feroci, tanto che la stessa autrice è incorsa in sanzioni personali da parte del governo USA, fatto al quale le Nazioni Unite hanno replicato con un eloquente comunicato: il silenzio non è una opzione.
Anche noi come AMU sentiamo che non possiamo restare in silenzio: le gravi e documentate violazioni dei più elementari principi del diritto internazionale (umanitario e bellico) che avvengono con crescente intensità ed ampiezza verranno certamente giudicate dalla storia, e come già è avvenuto nel secolo scorso, il silenzio diventa complicità. Ma lo dobbiamo ancor di più nei confronti delle centinaia di migliaia di vittime civili innocenti sottoposte a feroci e raffinate forme di genocidio, senza che la comunità internazionale riesca a porre termine a queste pratiche spaventose. Per questo auspichiamo che quanto prima le responsabilità sia degli autori diretti sia degli eventuali complici siano giudicate dal competente tribunale internazionale.
Non c’è qui lo spazio per entrare nei dettagli del rapporto, che mette in evidenza le complicità di aziende ed istituzioni finanziarie in questo esecrabile processo di sterminio, ma ci sono alcune affermazioni che meritano di essere citate (suggerisco di andare comunque a leggere il testo completo):
14. … Il processo agli industriali dopo l’Olocausto … ha gettato le basi per il riconoscimento della responsabilità penale internazionale dei dirigenti d’impresa per la partecipazione a crimini internazionali.
16. … Il diritto internazionale umanitario e il diritto penale conferiscono obblighi e responsabilità specifiche agli attori privati, e le giurisdizioni nazionali sono le prime responsabili della loro applicazione.
23. … Il settore delle imprese ha contribuito materialmente a questo sforzo fornendo a Israele le armi ed i macchinari necessari per distruggere case, scuole, ospedali, luoghi di svago e di culto, mezzi di sussistenza e beni produttivi come uliveti e frutteti, per segregare e controllare le comunità e limitare l’accesso alle risorse naturali. Contribuendo a militarizzare ed incentivare la presenza illegale israeliana nei territori palestinesi occupati, il settore delle imprese ha contribuito a creare le condizioni per la pulizia etnica dei palestinesi.
Per noi consumatori, è significativo il paragrafo “L’apparenza dei programmi civili: macchinari pesanti al servizio della distruzione da parte dei coloni”, dove vengono citate note marche di veicoli ed altri prodotti che incontriamo quotidianamente nella nostra vita:
65. I prodotti israeliani, compresi quelli provenienti dalle colonie, inondano i mercati globali tramite i principali rivenditori, spesso senza alcun controllo. Per evitare le crescenti reazioni negative, le aziende mascherano l’origine con etichette fuorvianti, codici a barre e mescolanze nella catena di approvvigionamento, rendendo di fatto tali prodotti pronti per la vendita.
67. In molti paesi non viene fatta alcuna distinzione tra i prodotti provenienti da Israele e quelli provenienti dalle sue colonie. Persino nell’UE, dove l’etichettatura è obbligatoria, questi prodotti sono ancora ammessi sul mercato, la cui responsabilità ricade sui consumatori non informati. Dato che le colonie infrangono il diritto internazionale, tali prodotti non dovrebbero essere assolutamente commercializzati.
Anche il paragrafo “Finanziamento delle violazioni” richiama la nostra responsabilità di “piccoli investitori”:
77. Anche i fondi sovrani e i fondi pensione sono importanti finanziatori. Il più grande fondo sovrano del mondo, il Norwegian Government Pension Fund Global afferma di avere le linee guida etiche più complete al mondo. Dopo l’ottobre 2023, il fondo ha aumentato i suoi investimenti in società israeliane del 32%, raggiungendo quota 1,9 miliardi di dollari. A fine del 2024, il fondo aveva investito 121,5 miliardi di dollari, pari al 6,9% del suo valore totale, esclusivamente in società menzionate in questo rapporto.
79. Questo investimento diretto è supportato dalla scelta delle società di consulenza finanziaria e delle associazioni di investimento responsabile di non considerare le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati nella loro valutazione degli investimenti ambientali, sociali e di governance (ESG). Ciò consente ai fondi di investimento responsabili/etici di rimanere conformi agli ESG nonostante investano in titoli di Stato israeliani ed in titoli di società coinvolte in violazioni nei territori palestinesi occupati.
Infine nella conclusione:
87. Mentre la vita a Gaza viene annientata e la Cisgiordania è sotto crescente attacco, questo rapporto mostra perché il genocidio perpetrato da Israele continua: perché è redditizio per molti. Facendo luce sull’economia politica di un’occupazione diventata genocida, il rapporto rivela come l’occupazione eterna sia diventata il banco di prova ideale per i produttori di armi e le big tech – offrendo domanda ed offerta illimitate, scarsa supervisione e zero responsabilità – mentre investitori e istituzioni pubbliche e private ne traggono liberamente profitto. Troppe influenti entità aziendali rimangono indissolubilmente legate finanziariamente alla segregazione ed al militarismo israeliani.
Con questo breve commento l’AMU vuole contribuire ad entrare nel merito del rapporto, e non alimentare la polemica di chi è a favore o contro la relatrice o l’organo delle NN.UU. che l’ha incaricata di tale studio.
Precisiamo che il nostro non è per nulla un giudizio negativo della popolazione dello Stato di Israele, quanto alle azioni in spregio al diritto internazionale perpetrate da parte dell’attuale governo. Come abbiamo già scritto in altra occasione, una reazione rabbiosa e sproporzionata per quanto avvenuto il 7 ottobre 2023 (che anche noi condanniamo) non è ammissibile per uno Stato membro della comunità delle NN.UU. e non può giustificare la manifesta violazione delle norme di civiltà internazionale faticosamente raggiunte dopo la tragedia della II guerra mondiale.
Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà a tutte le vittime del genocidio in corso, e a coloro che sono stati strappati ai loro affetti e presi in ostaggio, e ci impegniamo personalmente e come associazione per sostenere la riconciliazione e una pace giusta e duratura.
Stefano Comazzi – Presidente dell’AMU