Accoglienza profughi afghani, una primavera italiana

La prima primavera italiana dei profughi accolti a Marino presso Una città non basta consolida una vita che sta ormai prendendo forma. 

Le mimose che l’8 marzo Issam ha regalato alle donne afghane ospitate dalla cooperativa Una città non basta hanno in un certo senso inaugurato la prima primavera italiana delle famiglie accolte a Marino, nella sede della cooperativa, e per le quali anche l’AMU contribuisce alla copertura delle spese mediche, legali e per gli interventi di prima accoglienza. A sera, poi, le ragazze sono andate a cena fuori per celebrare la ricorrenza. È un tema che sta loro a cuore quello dei diritti delle donne, tanto che il 26 marzo quando si festeggiava il capodanno afghano, le stesse hanno partecipato a un incontro presso la biblioteca interculturale di Roma dove si è parlato dei diritti delle donne afghane, in una piacevole giornata in cui ciascuno ha portato un piatto tipico della propria cultura per condividere e far festa insieme agli altri. Questo muoversi in autonomia è il risultato del lavoro fin qui svolto dagli operatori di Una città non basta. Del resto, seppure tra qualche piccola o grande difficoltà, la vita italiana di queste famiglie sta ormai prendendo forma. 

Tutti i componenti dei tre nuclei familiari hanno ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiati e sono in attesa del permesso di soggiorno elettronico: il percorso legale può dirsi quindi concluso. Continuano invece i controlli sanitari. L’anziano capofamiglia lamentava dolori alla schiena e lo faceva in maniera piuttosto vivace: parlava a raffica con gli operatori di Una città non basta, gesticolava, pur sapendo che nessuno capiva le sue parole. È un uomo ostinato: a lungo ha preferito dormire per terra piuttosto che sul letto, e questi suoi dolori di schiena sono in parte il frutto della sua testardaggine a rifiutare un giaciglio più comodo, in parte conseguenza naturale dell’età. E poi c’è la storia delle medicine: “Abbiamo capito – racconta Sara – che in Afghanistan prendeva molte medicine, era probabilmente una loro abitudine, così lui pensava che quelle prescritte dai medici italiani non fossero sufficienti a curarlo”. Ma le visite e una lastra alla schiena hanno confermato la sua complessiva buona salute. 

È buona anche la salute del bambino nato prematuro a gennaio: la preoccupazione iniziale si è placata, il piccolo è stato sottoposto a un check up completo, sta bene, e il suo sviluppo rientra nei parametri di accrescimento dei neonati. Anche la madre ha recuperato, Sara ricorda che per la donna non è stato un periodo facile: “Il post partum è stato complicato. Ha avuto qualche problema di salute, ma il dottore che l’ha visitata ha accertato che tutto dipendeva dal forte stress subito. L’aver abbandonato il proprio Paese, l’aver dato alla luce qui il suo bambino e per di più in anticipo sulla data prevista, il fatto che i suoi genitori siano ancora in Afghanistan: tutto ha contribuito a causarle uno stato di ansia che si è trasformato in disturbi fisici”. Per stare più tranquilli, Una città non basta ha comunque prenotato per la donna una visita specialistica a metà maggio.

Lo stress, l’ansia, le preoccupazioni e la paura provata rimangono a lungo compagni di strada, in modo consapevole o meno. Anche per i bambini. Uno dei due piccoli del secondo nucleo familiare arrivato a novembre a Marino ha avuto un problema di salute per il quale è stato ricoverato all’ospedale Bambin Gesù per alcuni accertamenti: “È un bambino molto timido, chiuso, che evita di guardare il volto di chi gli parla. Questa è la sua emotività – così lo descrive Sara, che aggiunge – stiamo monitorando la sua situazione. I medici hanno prescritto un medicinale da prendere nel caso il problema si ripresenti. Ma ora il piccolo sembra essersi tranquillizzato”. 

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