Emergenza Ucraina, casa è dove c’è accoglienza

Oleksandra è una giovane donna che si occupa della registrazione e della sistemazione degli sfollati nella Caritas-Spes Ucraina fin dai primissimi giorni di guerra. Sa che questo centro per loro è diventato una nuova casa.

Oleksandra è una giovane donna che viene da Leopoli, città dell’Ucraina occidentale, a pochi chilometri dal confine con la Polonia. Lavora come manager presso il centro della Caritas-Spes Ucraina, che dal 25 febbraio – all’indomani dell’invasione russa   – ha subito iniziato a fornire accoglienza ai primi profughi fuggiti dalle aree bombardate e occupate. Oleksandra si occupa della loro registrazione e della loro sistemazione. È lei che ci racconta la storia di questi mesi di guerra, visti da qui: “Nel corso del primo mese abbiamo ricevuto molte chiamate e abbiamo ospitato molte persone. Fin dai primi giorni non sapevamo come avremmo potuto organizzarci, ma abbiamo subito iniziato ad accogliere gli sfollati. Abbiamo continuato a ricevere richieste a qualsiasi ora. Tutti i nostri dipendenti, volontari e dirigenti si sono immediatamente attivati. Alla reception lavoravano contemporaneamente in dieci”.

Il centro, che di solito ospitava non più di 165 persone, in quei primi giorni di guerra è arrivato ad accoglierne circa 350. Ogni stanza utile –  corridoi, sale conferenza – veniva adattata per ricavarne nuovi posti letto. Poi sono iniziate le prime partenze verso l’estero: “I trasferimenti erano organizzati con l’aiuto dei nostri volontari. All’incirca 200-250 persone ogni giorno lasciavano la nostra struttura e accompagnate al confine”. 

Da febbraio, l’accoglienza non si è mai fermata. Racconta ancora Oleksandra che tutti gli operatori della Caritas-Spes Ucraina cercano instancabilmente di ricreare per gli sfollati una vita che sia il più possibile simile a quella prima della guerra, nelle loro città di origine. Cibo, cure mediche, organizzazione del tempo libero sono tutte urgenze improrogabili, come anche gli incontri con uno psicologo con il quale chiunque può parlare, anche da remoto. Se ci sono esigenze mediche specifiche gli sfollati vengono accompagnati nella vicina città. 

Oleksandra sa che la Caritas-Spes Ucraina per chi è dovuto scappare dalla guerra è “casa”. Lo si capisce quando racconta un aneddoto: “Ero alla reception, ho sentito suonare il citofono. Ho risposto chiedendo scherzosamente una password. L’uomo che era dall’altra parte mi ha detto ridendo ‘cosa intendi per password, fammi entrare a casa’. Ecco, per me, questo è un segno che qui le persone accolte si sentono davvero a casa”.

(Il testo è una sintesi dell’articolo apparso sul sito della Caritas-Spes Ucraina, da cui è tratta anche la fotografia)

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