Caritas-Spes Ucraina, oggi è il tempo dell’attesa

Fino a pochi mesi fa non credevano fosse mai possibile perdere tutto nel giro di pochi giorni, abbandonare casa, lavoro, amici, e ricominciare da capo a sessant’anni. Ma loro, Olena e Olha, due sorelle che vivevano a Mariupol in Ucraina, oggi vivono il tempo dell’attesa alla Caritas-Spes. Salve, ma con il desiderio di tornare.

Due sorelle. Due storie parallele. Di fuga dalla guerra in Ucraina, della vita che si ribalta in un attimo e ti fa perdere tutto e dell’accoglienza oggi nella Caritas-Spes. Olena e Olha abitavano a Mariupol: “Il 24 febbraio non ci siamo nemmeno rese conto dell’inizio della guerra, pensavamo che avrebbero sparato per un paio di giorni e basta”. Invece le cose vanno ben diversamente e già pochi giorni dopo ne prendono coscienza: niente elettricità, niente gas, comunicazioni interrotte e poca acqua potabile “ci siamo trovate nel vuoto”.  Il 12 marzo una bomba cade vicino l’abitazione di Olena: “Quando abbiamo fatto il giro del nostro palazzo, c’era una terra desolata sul posto dell’edificio adiacente. Mio genero e io abbiamo corso a piedi mezza città per raggiungere un altro quartiere, ma anche lì le case dei nostri parenti erano state danneggiate”.

Fino al 23 marzo le due donne vivono in un rifugio antiaereo, quel giorno si rendono conto che rimanere a Mariupol è diventato troppo pericoloso, ricorda infatti Olena: “Un carro armato russo ha sparato direttamente nel nostro seminterrato e ha sfondato un muro. La casa sopra di noi era in fiamme”. 

Olena e Olha presso la Caritas-Spes Ucraina, oggiIl giorno dopo – 24 marzo – partono, e nella fuga attraversano una città segnata dalla guerra, “Mariupol era così bella e l’hanno semplicemente distrutta. Ci hanno preso tutto, e soprattutto ci hanno preso i nostri ricordi. Tornerei a casa a piedi se mi dicessero che Mariupol è di nuovo ucraina”. 

Olena ha 60 anni, una laurea in ingegneria meccanica, ed era caporeparto in un’azienda: “Non siamo mai stati ricchi, ma per noi andava tutto bene. Sono nonna, ho due nipoti e volevo lasciare loro qualcosa, come fanno tutti i nonni, ma ora non ho niente. Perché? Cosa abbiamo fatto per arrivare fin qui? Nessuno poteva immaginare che i russi avrebbero potuto farci tutto questo”. Anche sua sorella Olha tornerebbe subito nella loro città se fosse possibile, lavorava come educatrice in un asilo che è andato distrutto: “Non perdonerò mai chi ci ha bombardato”.

Olena e Olha vivono questo tempo di attesa del ritorno in uno dei centri della Caritas-Spes Ucraina, cui vengono destinati i contributi raccolti dal Coordinamento Emergenze del Movimenti dei Focolari attraverso AMU e AFN. Le donne ricevono costantemente un’assistenza mirata, come tutte coloro che qui hanno trovato ospitalità dopo aver dovuto abbandonare le proprie case: cibo, medicinali, prodotti per l’igiene, supporto psicologico e un po’ di tranquillità.

(Il testo è una sintesi dell’articolo apparso sul sito della Caritas-Spes Ucraina, da cui sono tratte anche le fotografie)

 

Con la tua donazione potrai aiutarci a portare avanti i nostri progetti e programmi di sviluppo

Loading...