Dal 2007, in Burundi, l’AMU e CASOBU accompagnano alcune famiglie in un percorso di miglioramento delle proprie condizioni di vita attraverso il microcredito comunitario. Il Paese è uno dei cinque con gli indici di povertà più alti al mondo: si può ben capire, dunque, quanto possa essere difficile la vita e quanto le famiglie siano chiamate ad affrontare problemi quotidiani legati al cibo, al lavoro, all’assistenza sanitaria.
Il progetto Si può fare! segue queste famiglie nell’avvio e nella gestione del microcredito comunitario: si tratta di gruppi di 10-25 persone che si auto finanziano raccogliendo in un fondo comune i loro risparmi. Questo fa sì che possano concedere ai singoli componenti dei crediti di lieve entità, rimborsabili con un interesse minimo, con i quali ciascuno può avviare piccole attività generatrici di reddito.
Aurelia e Anselme, moglie e marito, fanno parte di più gruppi. Questa è la loro storia, nella provincia di Kayanza.
La vita prima del microcredito
La coppia, con due figli, viveva in condizioni precarie. Ansele era andato altrove in cerca di un lavoro – sempre precario – con il quale riuscire a guadagnare qualcosa per sostenere la famiglia. Ma nulla purtroppo era cambiato, gli sforzi sembravano tutti vani. Quel poco che Anselme riceveva come stipendio non copriva tutte le necessità più urgenti, come il cibo o le tasse scolastiche per i ragazzi. Confessa l’uomo: “Alla fine ho deciso di lasciare il lavoro di muratore e sono tornato a casa per aiutare da vicino la mia famiglia”.
Racconta Aurelia: “Ad un certo punto, avendo sentito parlare del microcredito comunitario, mi sono detta perché no? Unirmi a un gruppo di microcredito avrebbe sicuramente cambiato qualcosa. Così ho deciso di partecipare”.
Il microcredito dà i primi risultati
Dopo aver aderito a un gruppo di microcredito comunitario, Aurelia chiede e ottiene un piccolo prestito. Con i soldi ricevuti acquista del bestiame: “L’idea del bestiame è nata dall’analisi dei problemi che dovevamo affrontare: nella coltivazione dei campi spesso il letame, che ci serve come concime, non era sufficiente. Di conseguenza ne risentiva la raccolta. Insieme a mio marito abbiamo deciso di investire i soldi nel comprare gli animali così da avere a disposizione più letame. Abbiamo iniziato con un maialino”.
L’intuizione di Aurelia e Anselme si rivela giusta. La loro produzione agricola migliora, grazie al concime organico patate, fagioli e banane crescono in abbondanza.
Una nuova visione del futuro
Adesso la coppia ha una visione precisa del futuro familiare. Ha messo da parte un piccola quantità di denaro da investire nel commercio del Bika Igiti: dei bracieri che servono a ridurre il consumo di legno. Considerando che le famiglie in Burundi ne bruciano molto per cucinare ogni giorno, e questo ha un impatto negativo sull’ambiente, l’utilizzo dei Bika Igiti può ridurre drasticamente la quantità di legno destinato al fuoco.
Ma Aurelia guarda ancora oltre: “Il mio sogno attuale è di progredire ancora di più per procurarci, grazie al microcredito comunitario, un pannello solare, che ci possa aiutare a alimentare la nostra casa con elettricità e così vivere in un luogo illuminato. Dio mi aiuti, spero di riuscirci”.