All’ONU dei Popoli l’esperienza dell’AMU in Siria

Il 10 ottobre 2025, all’Assemblea che riunisce organizzazioni di tutto il mondo impegnate per la pace e i diritti umani, Robert Chelhod, presidente di Seeds of Hope, ha raccontato il lavoro quotidiano svolto in Siria nei progetti sostenuti dall'AMU. Questo il suo intervento

Cari amici,
vengo dalla Siria, un Paese che per più di tredici anni è stato ferito da una guerra devastante. Da quando avevo 5 anni ho vissuto in guerra, in Libano prima e poi in Siria. Oggi, dopo la caduta del regime nel 2024, viviamo un periodo di transizione, fragile ma carico di speranza. Eppure, mentre la violenza diretta è diminuita, la guerra continua nei corpi, nei cuori e nelle macerie.

Vorrei condividere con voi una convinzione nata da questa lunga dolorosa esperienza: non c’è pace senza giustizia, e non ci sarà mai giustizia finché il mondo continuerà a produrre e vendere armi come se fossero pane.

SiriaIn Siria abbiamo imparato che le guerre non nascono solo dai conflitti interni, non è vero, ma dall’avidità di chi le alimenta da lontano. Ogni bomba, ogni missile, ogni arma che ha distrutto una casa, un ospedale o una scuola in Siria è stata fabbricata in qualche parte del mondo, spesso nei Paesi che oggi parlano di pace.

La guerra è stata un enorme affare economico: più si sparava, più qualcuno guadagnava. Mentre milioni di siriani fuggivano, i mercati internazionali delle armi crescevano. Ecco la grande ipocrisia del nostro tempo: parlare di diritti umani mentre si finanziano le industrie che li calpestano.

Oggi in Siria, come in tanti altri luoghi del mondo, la pace non può nascere semplicemente da una firma o da un accordo politico. Può nascere solo da un cammino di giustizia: verità per le vittime, libertà per i prigionieri, uguaglianza tra le comunità, accesso equo alle risorse, rispetto della dignità di ogni persona.

Giustizia significa ascoltare il dolore delle famiglie che hanno perso tutto. Giustizia significa dare voce alle donne, ai giovani, alle minoranze, e riconoscere il loro ruolo nella costruzione del futuro. Giustizia significa rompere il silenzio su chi ha armato e sostenuto la guerra per interesse.

La Siria ha bisogno di scuole, non di campi militari. Ha bisogno di ospedali, non di checkpoint. Ha bisogno di riconciliazione, di perdono e non di vendetta.

Vi racconto un fatto simpatico ma significativo. Quando sono arrivato a Perugia per partecipare all’Assemblea mi vengono a prendermi dalla stazione. La prima donna che incontro, anche lei come partecipante, è una israeliana, ed ebrea! Ho preso un colpo. È la prima volta della mia vita che incontro un israeliano(a). Siamo nemici da decenni… E poi incontro palestinesi, libanesi… tra di noi ci sono state guerre… A un certo momento mi sono chiesto: ma io, Robert, ho perdonato dal profondo del mio essere a chi mi ha fatto del male?

Non possiamo più illuderci: finché continueremo a costruire armi, useremo le armi. Ogni fabbrica che produce strumenti di morte è un fallimento collettivo dell’umanità.

Oggi, mentre miliardi di dollari vengono investiti nel riarmo, nel mondo intero ci sono 250 milioni di bambini fuori dalla scuola. In Siria, metà degli ospedali non funziona e milioni di persone vivono senza acqua potabile. È giusto? Possiamo davvero chiamarci civili se scegliamo di finanziare la guerra invece della vita?

Le armi non portano sicurezza. Portano solo paura e distruzione. La vera sicurezza nasce da pane, lavoro, educazione, giustizia, fiducia reciproca.

Come società civile, come ONG, come cittadini del mondo, abbiamo un dovere: rompere il ciclo della guerra. Questo significa denunciare le complicità economiche che alimentano i conflitti; investire nell’educazione alla pace e nella cooperazione tra popoli; creare economie di solidarietà, non di sfruttamento; difendere la dignità umana, non gli interessi delle armi.

Il nostro compito non è solo portare aiuti, ma cambiare il modo in cui il mondo pensa alla pace.

SiriaLa nostra associazione siriana, Seeds of Hope, e quella italiana, AMU-Azione per un Mondo Unito, sostengono 28 progetti di sviluppo e di rafforzamento delle capacità, tra cui una scuola materna per bambini con disabilità nella città martoriata di Homs. In questa scuola offriamo educazione, terapie e supporto psicologico. Dopo alcuni anni, molti bambini riescono a integrarsi nelle scuole pubbliche.

Una bambina di sei anni, quando le ho chiesto cosa volesse fare da grande, mi ha risposto: “Voglio diventare maestra, per amare e aiutare i bambini come me, proprio come voi avete fatto con me”. Questa frase vale più di qualsiasi discorso politico. Essa ci dice che la pace nasce solo dove si sceglie di amare invece di odiare, di costruire invece di distruggere, di educare invece di armare.

Oggi, qui all’Assemblea dell’ONU dei Popoli, vi chiedo di fare vostra la voce di quella bambina. Di dire con coraggio: basta guerre, basta armi. Fermiamo la follia del riarmo globale. Non possiamo salvare il mondo con la paura, ma solo con la fraternità. E la fraternità si costruisce con la giustizia, non con la forza.

Fermare le guerre e il riarmo non è un sogno utopico: è la condizione stessa per poter vivere come esseri umani.

Robert Chelhod

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