Le democrazie liberali dell’America Latina, basate su sistemi di rappresentanza politica, si scontrano oggi con una crisi che si riflette negli alti livelli di astensionismo durante le elezioni, non conformità a decisioni e azioni degli Stati, scarsa fiducia nelle istituzioni governative e politiche, causata dagli alti indici di corruzione, clientelismo, populismo e restrizione di libertà e diritti politici.
Molto si è scritto sulla trasformazione dei partiti politici e sulla crisi di rappresentanza, per cui la parola democrazia viene ridefinita da nuove pratiche di cittadinanza. Un’informativa del UNDP sulla partecipazione indica che anche se c’è un aumento della partecipazione dei cittadini nel continente, in vari paesi manca ancora un vincolo programmatico tra le richieste della cittadinanza e le offerte dei partiti politici, poiché la logica politica è determinata dal clientelismo e da interscambi per interessi particolari.
Possiamo aggiungere che in queste società esistono fattori strutturali che diminuiscono la qualità delle democrazie, tra cui le disuguaglianze sociali ed economiche, che causano asimmetrie di potere, di risorse, di informazioni e di accesso alla conoscenza nei differenti settori della società. Generano così una sotto-rappresentatività in questioni di riconoscimento di genere, fascia di età, identità etnica e popolazioni vulnerabili. Al punto che ci sono cittadini non consapevoli dei propri diritti; anzi, sono loro vietati per garantire un eccesso di benessere ad altri cittadini.
Tuttavia, la cittadinanza ha scelto la mobilizzazione sociale come una delle tante forme in cui può partecipare alla costruzione del bene comune. Già da alcuni decenni i Movimenti Sociali in America Latina stanno ridefinendo lo spazio pubblico, mentre le richieste della società non vengono solo canalizzate attraverso i partiti, ma anche dalla società civile che si organizza, protesta, propone allo Stato nuove azioni. Dai richiami per il riconoscimento dell’identità e dei diritti dei popoli indigeni, fino alle diverse rivendicazioni per questioni di genere o in favore dell’ambiente.
Nella vita contemporanea, le reti sociali hanno svolto un ruolo fondamentale nella elaborazione di istanze di interesse pubblico, generando manifestazioni di massa in diverse località, dalle grandi capitali fino alle città più piccole, sulle più varie problematiche sociali che ancora non hanno avuto dallo Stato una risposta concreta.
È quello che abbiamo osservato lo scorso 3 giugno, che ci dice che qualcosa sta succedendo a livello di cittadinanza, dal momento che per la prima volta molta gente scende in piazza o si unisce ad una causa di cui si sente parte. La chiamata a manifestare perché non ci siano più femmicidi in Argentina “#Ni una Menos” (#ne una di meno) ha trasceso i confini e si è svolta in vari paesi del Cono Sud arrivando anche in Messico.
Come risposta a queste realtà, gli Stati – spinti dal mondo accademico – si domandano quale possa essere il loro ruolo in questo nuovo scenario, e sorgono iniziative come quella dell’Alleanza per i Governi Aperti (Open Government), dove si impegnano a realizzare politiche trasparenti e partecipative, grazie alla collaborazione con la società civile. Senza dubbio il “Terzo Settore” sta acquisendo un ruolo fondamentale, da protagonista, in questo processo. I diversi spazi della cooperazione internazionale sono di grande stimolo per “garantire ai cittadini la capacità de partecipazione alla vita civile e política in condizioni d’uguaglianza e senza discriminazione” (UNDP) come forma per garantire i diritti politici.
Tutte queste trasformazioni non sono che la ridefinizione di spazi (pubblico/privato) e di rapporti (stato/cittadino). È importante sottolineare che in questa ridefinizione lo Stato gioca un ruolo fondamentale affinché la partecipazione dei cittadini sia possibile, reale, efficace. Un ruolo che non si esaurisce nell’andare a votare ogni 5 anni, ma che include la responsabilità di non reprimere i cittadini che manifestano per strada o di non limitare le libertà politiche, e l’obbligo di formare i cittadini riguardo ai loro diritti e su come esercitarli.
Risulta evidente che, perché la partecipazione dei cittadini sia ogni volta più attiva, dato che non ci sono dubbi che arricchisce e dà più contenuto alla parola democrazia, è necessario rinnovare le istituzioni e dotarsi di nuovi strumenti di gestione del governo e delle sue politiche. Serve un nuovo quadro normativo che lo renda possibile, mezzi tecnici, organizzativi, economici, informatici e nuovi spazi per interagire, e permettano di redifinire il rapporto Stato-Societa, che ha bisogno di trovare un nuovo significato.
Riconoscere ai cittadini la responsabilità di partecipare alla gestione politica è una grande possibilità, anche se non tutti ancora sono consapevoli dell’importanza della partecipazione, altri non sono ancora pronti o non hanno i mezzi per farlo. È fondamentale che possano partecipare alle decisioni che influenzano la loro vita ed esistenza personale come collettiva, nella misura in cui sia garantita l’autonomía, l’autodeterminazione e pertanto la dignità della persona umana.
In conclusione la crisi della democrazia rappresentativa latinoamericana ha motivato processi di mobilizzazione sociale, anche se in alcuni casi ha scatenato odio, violenza, repressione e disgregazione sociale (senza voler stigmatizzare la mobilizzazione sociale come forma de esercizio dei diritti politici, questa è stata una realtà in vari paesi del continente); pertanto c’è bisogno di un cambiamento in questo rapporto verticale Stato-società civile per uno più orizzontale, attraverso il quale i problemi sociali possano essere trattati con più uguaglianza da parte dei cittadini, rafforzando la partecipazione della società civile. Come scrive Sergio Vargas (Salta-Argentina) nel suo libro sulla cyber-partecipazione “lasciar la protesta per avanzare nelle proposte, lasciar di essere abitanti per essere cittadini”, con uno Stato che dia più spazio alla società civile.
Senza dubbio, rapporti di fraternità sono la piattaforma per eccellenza per ridefinire questo rapporto, e in questa maniera il bene comune sia ogni volta di più una costruzione di tutti.
Gli autori:
– Javier Andrés Baquero Maldonado, colombiano, docente universitario e consulente del governo per le politiche pubbliche
– Maria Virginia Osorio Cabrera, uruguaiana, consulente Ong e assistente di direzione di Sumà Fraternidad