Per la Giornata Mondiale dell’acqua 2019, AMU è stata invitata alla FAO per raccontare la sua esperienza nella sfida quotidiana per vedere riconosciuto in maniera concreta e sostanziale il diritto all’acqua, attraverso un accesso gratuito, diffuso e sicuro.
Durante la giornata, che ha visto rappresentanti di diverse nazioni e ONG impegnati nell’applicazione dello slogan scelto per quest’anno “Nessuno sia lasciato indietro”, ai diversi relatori sono state poste alcune domande.
Per AMU, Francesco Tortorella, Responsabile settore progetti, ha raccontato il nostro punto di vista, forte dell’esperienza maturata anche con Casobu, ONG partner di AMU nei progetti in Burundi, molti dei quali riguardanti proprio l’accesso all’acqua potabile.
Di seguito la sintesi del suo intervento.
Quali sono le principali sfide legate all’acqua, a livello globale o per il tuo paese / organizzazione?
La nostra ONG ha lavorato per l’accesso all’acqua, soprattutto in Burundi, per 15 anni.
Il 90% della popolazione burundese vive nelle aree rurali e il 65% è al di sotto della soglia di povertà locale di 0,85 € al giorno / a persona. Ma quando parliamo di accesso all’acqua, misurare la povertà in termini monetari non ci aiuta a capire la reale situazione delle persone. Se consideriamo la povertà come una privazione, possiamo allora considerare l’effettivo accesso della famiglia a fattori legati al benessere come la qualità dell’acqua potabile, il tipo di servizi igienici, la frequenza scolastica e l’equilibrio nutrizionale, o l’uso che queste persone possano fare, o non fare, dell’acqua.
La popolazione burundese (rurale e urbana) con accesso all’acqua potabile è del 75,9%. Pertanto, solo il 60% della popolazione che vive nelle aree rurali ha accesso all’acqua potabile. Queste persone possono utilizzare solo acqua proveniente da fiumi o fonti non controllate con un impatto diretto sulla propria salute.
Quindi, parlando delle principali sfide legate all’acqua, la governance rimane una delle principali, che può rendere le azioni portate avanti per sviluppare l’accesso all’acqua sostenibili o meno.
Dal punto di vista istituzionale, la gestione è affidata ai comuni attraverso i water boards comunali che si occupano di tutte le risorse idriche. Una delle principali sfide è che nella maggior parte dei casi questi board hanno difficoltà operative legate alle scarse conoscenze e capacità a livello tecnico e finanziario.
Dal punto di vista della comunità, il fatto che l’acqua non venga percepito come bene comune porta a una scarsa partecipazione degli utenti alla sua gestione, inoltre, gli utenti di solito non partecipano al prezzo del servizio idrico a causa della mancanza di fiducia nella governance dei consigli comunali.
Considerando che oltre il 90% della popolazione burundese vive in aree rurali, è impossibile rendere disponibile l’acqua corrente in ogni famiglia. La politica nazionale si concentra sulla fornitura di acqua potabile a meno di 500 metri per le famiglie in queste aree.
Oltre ai temi legati alla gestione, rimane una sfida anche la consapevolezza, che dovrà crescere attraverso istruzione e formazione, che l’acqua sia anche un mezzo per curare l’igiene quotidiana e prevenire problemi di salute.
Quali sono gli interventi necessari per affrontare queste sfide e raggiungere gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030?
I principali interventi necessari per noi, ad esempio nel contesto burundese, riguardano l’aumento del tasso di copertura e diffusione, sul territorio, di acqua potabile e servizi igienici di base. Per questo, lavoriamo per rendere l’acqua potabile disponibile nelle comunità, con particolare attenzione ai più svantaggiati. Questi primi passi, poi, aprono la porta alla consapevolezza e alla richiesta di altri diritti fondamentali come quelli legati a igiene e salute, istruzione, alimentazione.
Un altro intervento fondamentale riguarda il rafforzamento delle capacità e il collegamento in rete tra gli attori chiave in questo settore. Ogni intervento per mettere in atto una politica che promuova una migliore governance idrica, può essere davvero sostenibile si costruiscono collaborazioni e solide partnership tra Istituzioni, Ministero, Provincia, Comune, comunità, beneficiari, ONG e società civile.
Solo così, considerando l’acqua come un bene comune, si possono migliorare le capacità di gestione dei servizi di acqua potabile e sensibilizzare le comunità a essere i primi protagonisti nella difesa dei propri diritti, in particolare quelli legati all’accesso all’acqua potabile e allo sviluppo di una coscienza legata proprio ai beni comuni.
Promuovere la partecipazione della comunità, in ogni fase della gestione del ciclo di accesso all’acqua garantisce la sostenibilità degli interventi e il reale sviluppo delle comunità stessa.
La gestione del bene e l’accesso devono portare con sé, infine, una maggiore consapevolezza per attuare cambiamenti comportamentali riguardanti l’uso dell’acqua come fattore di prevenzione per la salute e i problemi legati all’igiene.