Riflessione di Luigino Bruni dopo il Convegno di Nairobi (Kenya) sull’Economia di Comunione – EdC.
Anche in Africa le prospettive di lavoro non sono rosee. Ne abbiamo esperienza diretta: alcuni borsisti del nostro progetto Fraternità con l’Africa, una volta terminati gli studi, hanno avuto difficoltà a trovare un lavoro in cui mettere a frutto le loro capacità. Abbiamo chiesto a Luigino Bruni se in questo contesto ci può essere una nuova forma di collaborazione fra imprese EdC e AMU.
«Innanzitutto la formazione è molto importante, come l’AMU sta facendo da tempo, con il progetto Fraternità con l’Africa, e non solo. Occorre, comunque, tener presente che per quanto la formazione e l’istruzione siano essenziali, ciò che veramente conta è che gli studi si traducano poi in un lavoro, in un mestiere. Perché non è raro il caso, a volte anche in Africa, che chi consegue un titolo di studio si fermi al ‘titolo’ come fosse il punto di arrivo e non il punto di partenza, pensando che lo status di diplomato o laureato conti più del lavoro da inventare o trovare. Per non parlare poi di chi, e non sono pochi, una volta laureato disprezza il lavoro manuale che considera solo per persone ignoranti e meno degne.
Quindi occorre legare la formazione al lavoro, e anche al lavoro delle mani. L’EdC ha una sua esperienza di lavoro che può sviluppare insieme all’AMU anche in Africa. Sapendo, però, che ogni aiuto esterno può solo essere sussidiario alla voglia di iniziativa di chi è nel proprio contesto. L’EdC lancerà a gennaio 2017 un incubatore di imprese di due settimane, che dovrebbe diventare presto un centro permanente. Lì ci formeremo tutti alla cultura del lavoro, del lavoro della mente e delle mani assieme, perché sentiamo che soprattutto l’Africa ha bisogno di una sviluppare una cultura degna del lavoro più di quanto non abbia bisogno di aiuti economici dall’esterno. Tra questi lavori c’è anche il lavoro dell’imprenditore, che, prima di tutto, quando non è uno speculatore è anche un lavoratore, come tutti gli altri dell’impresa. Almeno questa è la proposta e l’esperienza dell’EdC.»