Alcuni eventi catastrofici non si possono prevedere, altri sì. Era perfettamente prevedibile ciò che è accaduto a Genova giovedì scorso, 9 ottobre, quando il torrente Bisagno è straripato ed ha inondato una vasta area della città, provocando la morte di una persona e la perdita di beni per migliaia di cittadini.
Alla latitanza delle istituzioni responsabili, diventate improvvisamente invisibili, fa da contrappeso la presenza dei giovani, arrivati in massa con l’unico scopo di dare una mano.
Riportiamo qui la testimonianza di Manuel Comazzi, colpito come tanti dall’alluvione.
«Questa volta sono stato “toccato” anch’io dall’acqua fuoriuscita dal Bisagno intorno alla mezzanotte di quel giovedì ormai famoso; a qualche centinaio di metri da Borgo Incrociati, ho il box sotto il livello della strada con dentro la macchina nuova di due anni … e vi lascio immaginare.
Ho vissuto tutto con estrema serenità e consapevolezza, al di là del fatto che non fosse stata diramata l’allerta meteo, al di là del fatto che le istituzioni… al di là del fatto che… grazie alla vicinanza di tanti amici vicini e lontani che mi hanno sostenuto.
Sabato 11, alle nove, i miei due figli sono usciti con stivali e keeway per dare una mano a chi ne avesse avuto bisogno. Alle 15 ero in giro con lo scooter per fare spese e piangevo la desolazione di chi aveva perso non una macchina, ma il negozio, l’attività commerciale, il proprio sostentamento quotidiano. Ma ho anche visto gente che, con l’odio negli occhi e nella voce, malediva le istituzioni, il comune, la protezione civile… mugugni che si sarebbero tramutati in violenza se solo c’era la possibilità di metterla in atto. Odio… e tristezza.
Al rientro ho visto che l’acqua dal garage era stata pompata via tutta; sono sceso al box con mia moglie per valutare i danni e cominciare a pulire; in un’ora avevamo finito tutto! Un gruppetto di ragazzi ci hanno dato una mano, Angeli (del fango li chiamano, ma per me sono del Paradiso!) in silenzio, con la dignità dell’eroe anonimo, hanno pulito, sgomberato, senza una parola di condanna, di critica, di rabbia, solo con lo sguardo limpido in netto contrasto del fango che ci circondava, hanno risolto la nostra situazione. Mentre con loro spingevo via l’acqua sporca, insieme al sudore si mescolavano le lacrime di commozione che mi scendevano copiose… non ho mai dubitato dei miracoli e oggi l’ho vissuto con loro e grazie a loro!
Finito il lavoro, un breve saluto ed erano a lavorare in un altro box.
Questa è Genova che spera, che crede in un futuro vero e reale, è l’Italia (sì, perché sono venuti da fuori regione e in tanti) che può risollevarsi, perché vive, ama e spera senza calcoli, senza tornaconti, senza mugugni… Questo è il mondo che ho sognato da giovane e che sogno ancora, è l’unica realtà che vale la pena d’essere vissuta e per cui combattere.
Grazie ragazzi!!!»