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Il progetto “Donna educatrice di pace” rappresenta il seguito del progetto “Ragazzi a rischio”, come ci raccontano dalla Fondazione Koz Kazah, nostra controparte locale per i progetti in Egitto.
«Nel 2013 abbiamo voluto dare particolare sostegno alle attività realizzate con le donne del quartiere Shubra. Inizialmente ci guardavano con sospetto, lasciavano che i figli venissero al centro per avere almeno un pasto, ma credevano che ci fossero secondi fini.
Piano piano, vedendo il nostro modo di lavorare e di ascoltarle, e il farci carico delle situazioni dei loro figli, alcune mamme hanno iniziato a fermarsi di più offrendosi per esempio di preparare i pasti. Dopo un po’ di tempo, ci hanno chiesto di poter fare anche loro qualche attività.
Le bambine, in quartieri cosi poveri, frequentano la scuola, a differenza dei loro fratelli che fin da piccoli crescono per strada alla ricerca di qualche lavoretto. Tuttavia in quanto femmine non hanno poi accesso a nessun tipo di lavoro. Dopo la scuola rimangono in casa a curare i fratelli minori e a svolgere le faccende domestiche, con l’unica prospettiva di arrivare all’età del matrimonio. Crescono con molti limiti e senza stimoli.
La rivoluzione araba è servita anche a far comprendere maggiormente il ruolo importante svolto dalle donne egiziane, a livello economico, politico e soprattutto sociale. Da qui la spinta a realizzare un programma che permettesse alle bambine, ragazze e donne di sviluppare le proprie potenzialità, ritrovare fiducia in se stesse, prendere consapevolezza del proprio ruolo nella famiglia e nella società.
Una volta a settimana ci troviamo nei locali adibiti a centro sociale e proponiamo laboratori di cucina e fabbricazione di cestini in vimini, da cui le mamme possono ricavare anche una piccola entrata per una maggiore indipendenza economica. Il programma comprende poi la formazione ai diritti e doveri nella società, un percorso di educazione sanitaria e psicologica, attività artistiche e ludiche. Ogni due mesi realizziamo una gita culturale e una volta all’anno un campeggio di 4 giorni.
Possiamo dire che questo lavoro sta producendo nelle ragazze e nelle mamme maggior stima in se stesse e negli altri, fiducia nelle proprie capacità, maggior responsabilità nella cura e educazione dei figli, più apertura nel condividere gioie e difficoltà e nell’aiutarsi reciprocamente.»