[:it]Uno sguardo sul 5 per 1000 e sugli altri meccanismi di incentivazione fiscale.
Un primo ed ormai collaudato strumento è quello della detrazione (diminuzione dell’imposta da pagare) o deduzione (diminuzione dell’imponibile) fiscale per le donazioni fatte direttamente dal cittadino (o in taluni casi anche dalle imprese o persone giuridiche) a favore di enti senza finalità di lucro ed impegnati in ambiti di rilevante interesse sociale.
In Italia si era iniziato negli anni ’80 con le Organizzazioni Non Governative di sviluppo (ONGs) riconosciute idonee dal Ministero degli Affari Esteri (e l’AMU è stata riconosciuta idonea nel 1987). Per quanto riguarda la detrazione fiscale, nel corso degli anni, accanto alle ONGs si sono aggiunte altre tipologie di associazioni, e di pari passo anche le tipologie delle spese si sono ampliate su tematiche che spaziano dallo sport, ai beni culturali, fino ai finanziamenti alle scuole ed ai partiti politici.
Ma cosa c’entra il Bene Comune con il sistema di incentivazione fiscale?
Su questo tema sono illuminanti le parole che Papa Francesco ha detto il 4 febbraio scorso agli imprenditori dell’Economia di Comunione (EdC):
“Nella Bibbia i poveri, gli orfani, le vedove, gli “scarti” della società di quei tempi, erano aiutati con la decima e la spigolatura del grano. Ma la gran parte del popolo restava povero, quegli aiuti non erano sufficienti a sfamare e a curare tutti. Gli “scarti” della società restavano molti. Oggi abbiamo inventato altri modi per curare, sfamare, istruire i poveri, e alcuni dei semi della Bibbia sono fioriti in istituzioni più efficaci di quelle antiche. La ragione delle tasse sta anche in questa solidarietà, che viene negata dall’evasione ed elusione fiscale che, prima di essere atti illegali, sono atti che negano la legge basilare della vita: il reciproco soccorso.”
Il sistema fiscale, dunque, serve anche a compensare le distorsioni provocate da una ineguale distribuzione delle ricchezze permettendo di offrire una vita dignitosa anche a chi non ha mezzi adeguati, e quindi a garantire i diritti basilari per la vita a tutti (comprese le generazioni future!).
È importante, allora, sostenere chi, senza altri interessi particolari, si impegna con efficacia in questi settori.
Dall’altra parte, coloro che ricevono questi contributi hanno una importante responsabilità: prima di tutto devono meritarsi la fiducia di chi offre loro il proprio sostegno, in secondo luogo hanno la responsabilità di far fruttare con efficacia ed efficienza quanto ricevono. In sostanza sono somme raccolte dalla tassazione ordinaria e alle quali lo Stato rinuncia in favore delle associazioni che le ricevono, sotto l’impegno ad utilizzarle per gli scopi e nei modi convenuti.
Come nascono e come funzionano i nostri “per mille”?
Nel 1990 è la prima volta che i contribuenti italiani si sono imbattuti nel “meccanismo” dell’otto per mille, e diversi anni dopo, nel 2006, arriverà il sistema del “cinque per mille”. Con quest’ultimo, in modo non ancora del tutto stabilizzato (occorre un rinnovo annuale ad ogni legge di stabilità), ogni cittadino può destinare una quota della propria imposta sui redditi per finalità di utilità sociale.
Quella quota non è aggiuntiva, ma è già parte di quanto dobbiamo allo Stato, che in questo caso viene destinato a enti od associazioni senza finalità di lucro impegnati in settori considerati prioritari e particolarmente vicini alle aspettative ed esigenze della popolazione.
In altri termini, con questo strumento lo Stato rinuncia ad incassare il 5 per 1000 delle imposte dovute dal cittadino, per devolverlo al soggetto da questi indicato come beneficiario della “fiducia” del contribuente, e da questi scelto in una lista dove sono elencati tutti gli organismi che, rispettando i requisiti di legge, sono stati ammessi dall’amministrazione finanziaria.
A differenza del sistema delle deduzioni/detrazioni, per il 5 per 1000 la scelta del cittadino viene “eseguita” dallo Stato che provvede a “girare” all’ente la quota corrispondente al totale dei contributi, senza i dettagli dei singoli contribuenti. Non vi è quindi la possibilità di un “contatto” diretto tra il contribuente e l’ente beneficiario.
Dove vanno a finire i contributi?
Ogni Associazione o Ente beneficiario del 5 per 1000 deve utilizzare i fondi ricevuti per i progetti di utilità sociale che caratterizzano la sua missione. Questi progetti devono essere poi dettagliati e rendicontati in apposite relazioni consegnate al Ministero delle Finanze.
Da quando l’AMU riceve i contributi 5 per 1000, oltre alla relazione per il Ministero, pubblica anche un rapporto annuale sull’impiego dei fondi ricevuti, dettagliando la destinazione nei diversi progetti e azioni sostenute.
Sul sito, proprio in questi giorni, abbiamo pubblicato la relazione sui fondi ricevuti nel 2016 (riferiti alle dichiarazioni dei redditi del 2014).[:]