In Burundi la guerra civile è terminata nel 2005; tuttavia nel Paese ci sono ancora migliaia di sfollati. Si tratta spesso di burundesi nati nei Paesi vicini, Tanzania e Congo, figli di genitori sfuggiti al genocidio del 1972. Rientrati in Burundi alla chiusura dei campi profughi, hanno avuto grosse difficoltà a tornare nelle loro terre d’origine: spesso orfani e privi dei documenti di proprietà, a volte hanno trovato le terre occupate da altre persone, altre volte hanno avuto paura di tornare a causa dei vecchi conflitti etnici con i vicini. Le donne sono senz’altro più colpite da questa situazione, in quanto escluse per tradizione dalla possibilità di ereditare le terre, nonostante la parità tra i sessi sancita dalla Costituzione burundese.
Anche intorno a Bujumbura, la capitale, sono presenti alcuni siti di sfollati.
A Maramvya, nel comune di Mutimbuzi, le famiglie di sfollati sono 350, in tutto circa 1.750 persone. Dal 2011 hanno dovuto spostarsi 2 volte, prima dal campo “Sabe” che era un vero e proprio acquitrino e poi dal sito Maramvya del comune di Buterere, vicino all’aeroporto. Il nuovo campo è più distante da Bujumbura e decisamente più scomodo.
Le necessità di queste famiglie, in gran parte composte da donne sole con i figli, sono molteplici: dall’abitazione all’alimentazione, dall’istruzione alle cure mediche. La situazione è grave e urgente.
La nostra controparte locale, l’Associazione CASOBU, ha individuato come priorità di intervento la legalizzazione dei documenti degli sfollati: senza essere riconosciuti come cittadini burundesi e iscritti nel comune di residenza, la loro condizione rimarrà sempre precaria e i bambini non potranno andare alla scuola primaria o accedere alle cure sanitarie, gratuite fino ai 5 anni di età.
Gli scopi principali del progetto, in sintesi, sono i seguenti:
– aiutare gli sfollati ad ottenere i documenti di identità,
– una volta avuti i documenti, iscrivere i bambini alla scuola primaria;
– avviare iniziative formative per gli adulti e i giovani, mirate a trovare lavoro.
Questi obiettivi sono inseriti in un più ampio progetto di riconciliazione, che tende a costruire dialogo fra le parti sociali. La ricostruzione della convivenza multietnica e della pacificazione sono infatti presupposti essenziali per l’efficacia e la sostenibilità di ogni intervento.
Un discorso a parte merita l’accesso della popolazione del campo all’acqua potabile. Nella zona vi è una sola fontana, a circa mezzo chilometro dall’insediamento. La rete idrica è oggi inadeguata perché costruita negli anni ’80 quando l’area era abitata da 3.000 persone. Oggi invece gli abitanti sono circa 15.000 e a volte bisogna aspettare ore prima di poter riempire la propria tanica. Nell’attesa che le autorità locali sviluppino un nuovo progetto idrico, CASOBU cercherà di adottare soluzioni per favorire il rifornimento di acqua.
Il costo complessivo del progetto è di € 80.110,00 di cui € 21.380,00 sono costituiti da apporti benevoli e valorizzati.
L’apporto monetario consiste in € 58.730,00. L’Associazione Uomo Mondo di Treviso, partner dell’AMU in diversi progetti realizzati in Burundi, ha presentato alla Regione Veneto una richiesta – approvata – di cofinanziamento per € 40.000,00. La controparte locale contribuirà per € 2.600,00. Il totale da reperire, a carico dell’AMU e degli altri partners, è quindi di € 16.130,00.
(scheda compilata il 10 maggio 2013)